Nebbiolo di Dronero n.:
vitigno conosciuto, da
quasi un millennio, è citato nei resoconti della castellania di Riphalta del
1268, successivamente, nel 1315 si ritrova in documenti del monastero
femminile di Bricherasio. Analogo il documento del convento del Monastero di
Dronero dove viene citata una vigna ab Nebiolium in un documento del 1385.
Attualmente è il vitigno che riveste la maggior rilevanza economica nella fascia pedemontana
che va da Cuneo al Canavese. Pertanto non comprendo il comportamento di chi
pur esaltando il nostro patrimonio vitivinicolo autoctono, nel contempo
soggiacendo alle logiche di una forte lobby vitivinicola albese,
ha usato un diverso metro di paragone nei confronti del Nebbiolo di
Dronero, rispetto a quello usato solo pochi anni prima per il Pelaverga di
Verduno. Iscrivendolo con il nome di Chatus, allora fu sufficiente una piccola aggiunta
con il solo aggettivo “piccola” per
dribblare la precedente iscrizione a Catalogo della Pelaverga della valle
Bronda. il Comitato vitivinicolo regionale
ha assunto una decisione che di fatto ha cancellato con un colpo di spugna
il più antico dei vitigni piemontesi, defraudandoci del nome Nebbiolo di
Dronero, in contrasto con l'art 2 comma 5 del Disegno di Legge 3754. Inoltre
ecco le disaffinità ampelografiche rilevate durante un breve viaggio di
studio in Ardechè:
1) Il colore dei tralci di colore cannella per il Chatus, è di colore rosa tendente al grigio per il Nebbiolo di Dronero.
2) Le foglie hanno il seno peziolare superiore meno profondo del nostro vitigno inoltre nelle foglie mediane di molte viti assumono addirittura una forma quasi orbicolare e i seni peziolari sono quasi del tutto inesistenti.
3) La parte inferiore della foglia è quasi glabra con peli radi e setolosi nello Chatus, mentre è aracnoide con molti peli striscianti nel nostro vitigno.
4) Nel campo varietale, allestito in Ardèche, dal confronto dei due vitigni risulta che il nostro Nebbiolo di Dronero anticipa la maturazione di una settimana.
5) Il grappolo del Nebbiolo di Dronero è più grande e ha una forma maggiormente alata ed è molto più pruinoso il che gli fa assumere una colorazione quasi azzurra.
6) Il graspo ha le derivazioni delle ali opposte nel Nebiolo, mentre nello Chatus invece è quasi sempre casuale.
7) Il loro grappolo è più spargolo mentre il nostro è più serrato.
8) Per estrarre il colore dalle uve dello Chatus è necessaria una vinificazione
di almeno venti giorni; mentre il Nebiolo di Dronero dopo appena una settimana da già un vino dal colore quasi impenetrabile, da quì il fatto che in dialetto piemontese non si dice, vino rosso, bensì vino nero.
9) Alla prova di degustazione le uve delle due varietà di vite sono molto diverse.
10) Il vino prodotto con le uve dello Chatus è ottimo per l'invecchiamento, mentre il Nebbiolo di Dronero per le sue caratteristiche fruttate si è da sempre preferito berlo giovane, magari anche un po mosso, famoso era il Nebbiolo spumeggiante che a fine ottocento alle rassegne Vitivinicole Nazionali di Pinerolo mieteva continui successi.
Spiace il fatto che mille anni di storia, tradizioni, cultura e cosa più importante coltura che i nostri Avi con enormi sacrifici, superando le avversità della fillossera, oidio e peronospora e attraversando guerre, deportazioni, invasioni barbariche, pestilenze, avversità atmosferiche e lotte a volte anche fratricide, sono riusciti a salvaguardare; tramandandoci questi nostri vitigni autoctoni così come erano nei secoli passati, anzi migliorandoli con una scelta clonale attenta. Un antichità dei vitigni di Nebbiolo esistenti nella nostra zona, confermata dalla presenza di numerose varietà di tale vitigno come: di Dronero, d'Antom, Gabardin, Spadin o Pirulè tipiche di varie località, varietà originate da disseminazione, sul cui risultato è intervenuta la scelta e la cura umana mediante la propagazione per talea.
1) Il colore dei tralci di colore cannella per il Chatus, è di colore rosa tendente al grigio per il Nebbiolo di Dronero.
2) Le foglie hanno il seno peziolare superiore meno profondo del nostro vitigno inoltre nelle foglie mediane di molte viti assumono addirittura una forma quasi orbicolare e i seni peziolari sono quasi del tutto inesistenti.
3) La parte inferiore della foglia è quasi glabra con peli radi e setolosi nello Chatus, mentre è aracnoide con molti peli striscianti nel nostro vitigno.
4) Nel campo varietale, allestito in Ardèche, dal confronto dei due vitigni risulta che il nostro Nebbiolo di Dronero anticipa la maturazione di una settimana.
5) Il grappolo del Nebbiolo di Dronero è più grande e ha una forma maggiormente alata ed è molto più pruinoso il che gli fa assumere una colorazione quasi azzurra.
6) Il graspo ha le derivazioni delle ali opposte nel Nebiolo, mentre nello Chatus invece è quasi sempre casuale.
7) Il loro grappolo è più spargolo mentre il nostro è più serrato.
8) Per estrarre il colore dalle uve dello Chatus è necessaria una vinificazione
di almeno venti giorni; mentre il Nebiolo di Dronero dopo appena una settimana da già un vino dal colore quasi impenetrabile, da quì il fatto che in dialetto piemontese non si dice, vino rosso, bensì vino nero.
9) Alla prova di degustazione le uve delle due varietà di vite sono molto diverse.
10) Il vino prodotto con le uve dello Chatus è ottimo per l'invecchiamento, mentre il Nebbiolo di Dronero per le sue caratteristiche fruttate si è da sempre preferito berlo giovane, magari anche un po mosso, famoso era il Nebbiolo spumeggiante che a fine ottocento alle rassegne Vitivinicole Nazionali di Pinerolo mieteva continui successi.
Spiace il fatto che mille anni di storia, tradizioni, cultura e cosa più importante coltura che i nostri Avi con enormi sacrifici, superando le avversità della fillossera, oidio e peronospora e attraversando guerre, deportazioni, invasioni barbariche, pestilenze, avversità atmosferiche e lotte a volte anche fratricide, sono riusciti a salvaguardare; tramandandoci questi nostri vitigni autoctoni così come erano nei secoli passati, anzi migliorandoli con una scelta clonale attenta. Un antichità dei vitigni di Nebbiolo esistenti nella nostra zona, confermata dalla presenza di numerose varietà di tale vitigno come: di Dronero, d'Antom, Gabardin, Spadin o Pirulè tipiche di varie località, varietà originate da disseminazione, sul cui risultato è intervenuta la scelta e la cura umana mediante la propagazione per talea.